25/01/2021

Differenze tra vendere a consumatori e a professionisti

Hai deciso di vendere online e vuoi sapere le differenze tra vendere a consumatori e a professionisti?

Qui spieghiamo le principali implicazioni (di diritto civile) tra queste due tipologie di vendita.

L’obiettivo è quello di permetterti di indirizzare al meglio il tuo business digitale, evitando reclami degli utenti o sanzioni delle autorità.

Il “consumatore” e il “professionista”

La prima informazione da conoscere è quella riferita alla definizione di “consumatore” e di “professionista”.

Per “consumatore” si intende la persona fisica che effettua un acquisto fuori dalla propria attività commerciale, professionale o imprenditoriale eventualmente svolta.

Il cliente che acquista la tuta per andare in palestra, oppure le sedie per la propria abitazione.

Questo cliente può anche effettuare un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale, ma in questa specifica occasione ha effettuato un acquisto che prescinde dal suo ambito lavorativo.

Il “professionista”, invece, è colui che effettua un acquisto nell’ambito della propria attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Ad esempio, l’avvocato che acquista un libro (es.: il codice civile) che poi userà nella sua attività professionale.

Come riconoscere se l’acquirente è un consumatore oppure un professionista?

Nella vendita online, può essere difficile sapere se il cliente intende acquistare come consumatore oppure come professionista.

Ad esempio, il cliente potrebbe aver acquistato delle sedie (non per la propria abitazione, bensì) per il proprio ufficio.

In questo scenario, dietro un acquisto che sembra effettuato da un consumatore, si cela invece un acquisto a titolo “professionale”.

Ebbene, in questo ambito c’è un utile “indizio” da prendere in considerazione: l’indicazione della partita iva.

Infatti, se il cliente ha inserito la propria partita iva nell’ambito del procedimento di acquisto è ragionevole ritenere che abbia voluto agire in qualità di professionista.

Diversamente, se la partita iva non è stata indicata, è ragionevole ritenere che il cliente abbia voluto agire in qualità di consumatore.

Questo criterio permette di sapere se la vendita sarà sottoposta alle norme che regolano gli acquisti con i professionisti oppure con i consumatori.

La normativa applicabile

 

La principale differenza tra la vendita ai consumatori (vendita B2C) rispetto alla vendita ai professionisti (vendita B2B) riguarda la normativa applicabile.

Infatti, nella vendita B2C si applica il Codice del Consumo, mentre nella vendita B2B si applica il Codice Civile.

La differente normativa ha ovviamente delle conseguenze pratiche, la prima delle quali riguarda il diritto di recesso.

Il diritto di recesso

Il diritto di recesso è il diritto del cliente di recedere dal contratto di acquisto senza essere obbligato a fornire una motivazione.

Questo diritto vale per legge solo nei confronti del consumatore che abbia effettuato un acquisto online.

Pertanto, non si applica se il cliente è un professionista.

Questa informazione è molto importante perché ci sono molti ecommerce che ancora oggi riconoscono (in modo inconsapevole) il diritto di recesso anche ai professionisti, rimborsandoli anche qualora essi non ne abbiano diritto.

Ciò ovviamente non significa che un sito ecommerce non possa riconoscere il diritto di recesso anche ai professionisti. Questa circostanza, però, deve rappresentare una facoltà per l’ecommerce e non certo un obbligo.

La garanzia legale

La disciplina della garanzia legale rappresenta un’altra importante differenza tra vendita B2B e B2C.

Infatti, solo ai consumatori si applica la garanzia legale prevista dal Codice del Consumo (art. 128 e ss. Codice del Consumo).

Questa garanzia ha caratteristiche molto particolari. Ad esempio, dura 2 anni dall’acquisto e il consumatore deve denunciare il vizio entro 2 mesi dalla scoperta.

Nei confronti del professionista, invece, vale la garanzia prevista dal codice civile.

Essa dura solo 1 anno dall’acquisto e l’acquirente deve denunciare il vizio entro 8 giorni dalla scoperta.

Come vedi, la garanzia legale del Codice del Consumo è molto più tutelante per l’acquirente rispetto a quella del Codice Civile.

Per questo motivo, ricordati sempre di applicarla solo verso il consumatore, e non anche a favore del professionista.

Foro applicabile

Con questo termine s’intende il Giudice competente nell’ipotesi di un contenzioso con il cliente.

Se il cliente è un consumatore, il Giudice sarà sempre quello ove ha residenza o domicilio il consumatore stesso.

Non c’è possibilità di modificare questa competenza. L’unico modo sarebbe quello di poter dimostrare di aver specificatamente concordato con il consumatore l’applicazione di un foro diverso. Ciò è però molto difficile in ambito ecommerce, dove è assente una vera interazione con il cliente.

Nella vendita B2B, invece, il principio generale è che il foro competente è quello ove ha sede legale la parte verso cui viene promossa causa.

Ad esempio, se il tuo cliente intende citare la tua azienda in giudizio, dovrà promuovere causa presso il Giudice ove la tua azienda ha sede legale.

Ciò implica però che qualora sia tu a voler citare in giudizio il tuo cliente, dovrai fare causa presso il Giudice ove ha sede il cliente stesso.

Quindi, se la tua azienda ha sede a Roma e il cliente al quale vuoi fare causa ha sede a Milano dovrai agire in giudizio presso il Giudice di Milano.

Ciò incide di solito sui costi di causa, in quanto oltre al tuo legale dovrai anche pagare il c.d. “legale domiciliatario” (il legale che opera presso il Giudice ove si svolge la causa).

Per ridurre questi inconvenienti è possibile derogare a questi principi e pattuire con il professionista che il Giudice competenza possa essere sempre quello ove ha sede la tua azienda.

Questo accordo, però, per essere vincolante, deve essere approvato in modo specifico mediante l’approvazione delle c.d. “clausole vessatorie” (di cui parleremo nel punto successivo)

Clausole vessatorie

Le clausole vessatorie sono quelle clausole delle condizioni di vendita che determinano un significativo squilibrio tra i diritti e i doveri delle parti.

Nella vendita ai consumatori, le clausole vessatorie sono nulle. Pertanto, le condizioni generali di vendita del tuo ecommerce non devono contenere questa tipologia di clausole.

Considera altresì che la presenza di clausole vessatorie nelle condizioni di vendita con i consumatori può integrare una “pratica commerciale scorretta”, che può implicare una sanzione da parte dell’Autorità competente (l’AGCM) da 5.000,00 fino a 5.000.000 di euro.

Nella vendita a professionisti, invece, puoi inserire nelle condizioni di vendita anche delle clausole “vessatorie”.

Tipiche clausole vessatorie sono quelle che prevedono limitazioni di responsabilità oppure che prevedono come foro competente quello ove ha sede legale il venditore.

Queste clausole, però, per essere efficaci devono essere approvate dall’acquirente.

La loro approvazione può avvenire nell’ambito del procedimento di acquisto, mediante la spunta di una specifica formula, ove appunto l’acquirente-professionista accetta una o più clausole vessatorie.

Conclusioni

La vendita B2B presenta numerose e significative differenze rispetto alla vendita B2C. E’ opportuno che tu le conosca per indirizzare al meglio il business e sapere quali diritti riconoscere ai clienti e in che termini.

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